In questa guida elencheremo le varie
procedure applicabili abitualmente per bagnare le vostre orchidee.
Partiamo da quelle orchidee che quasi ognuno di voi avrà
avuto almeno una volta in casa: le Phalaenopsis ibride (tanto per essere
chiari, quelle orchidee a 5 petali, forma tendenzialmente arrotondata, molto
colorate che potete trovare pressoché in ogni negozio di fiori, vivaio, garden
center e supermercato, specialmente sotto le feste).
Benchè si tratti di piante espressamente ibridate per
offrire fioriture lunghe e spettacolari, crescita rigogliosa e notevole
capacità di adattamento, bisogna pur sempre ricordare che alcune regole base
garantiranno loro una vita lunga ed una crescita ottimale.
La bagnatura è un aspetto fondamentale della coltivazione,
al pari di luce, temperatura e substrato; fare in modo che queste siano sempre
ottimali consentirà di avere risultati di coltivazione sicuramente migliori.
Ma iniziamo in pratica a descrivere il procedimento: essendo
pur sempre piante da clima tropicale o sub-tropicale non gradiscono temperature
basse: sia che si parli della temperatura dell’ambiente circostante, sia che si
parla di acqua utilizzata per la annaffiature.
In genere abbiamo sperimentato che le temperatura ottimale
oscilla sui 35-38°C; per rendere più agevole il calcolo senza dover munirsi di
termometro ogni qualvolta ci si appresti a bagnarle, sarà sufficiente ricordare
che la temperatura usata per farsi una bella doccia calda, risulta gradevole
anche per la maggior parte delle orchidee.
Secondo punto importante riguarda la composizione chimica
dell’acqua utilizzata: notoriamente le orchidee, al pari delle carnivore, non
gradiscono acque ricche di minerali, ed in particolar modo risultano facilmente
danneggiabili da alti contenuti in calcare, cloro e sostanze chimiche in
generale.
Usando acqua presa dal rubinetto, sicuramente problemi di
accumulo di sostanze chimiche ‘’tossiche’’ non ne avrete, dato che i controlli
sono costanti e precisi.
Il problema permane quindi più che altro per cloro e
calcare; nel primo caso è facilmente risolvibile lasciando semplicemente
decantare l’acqua: il cloro infatti dopo 10-15 minuti esposto all’aria evapora
senza lasciare tracce.
Restiamo quindi con l’ultimo problema: il calcare.
A seconda della zona dove vi troviate, l’acqua avrà
naturalmente livelli diversi, passando da valori molto elevati fino a
paradossali casi di carenza totale (come nello specifico capita a noi, essendo
in una zona di montagna con caratteristiche particolari).
La prima cosa da fare, prima di farsi venire dubbi amletici
su come risolvere il problema senza nemmeno sapere se il problema esiste, è
quella di procedere ad un test chimico dell’acqua.
Cosa molto semplice ed economica da fare anche a casa, senza
doversi rivolgere ad un centro analisi specializzato (cosa che ovviamente, se
avete comunque modo di farlo, potrebbe ugualmente risultare interessante): sarà
sufficiente acquistare i classici test utilizzabili in acquariologia,
reperibili presso ogni negozio specializzato, garden center fornito e/o negozio
del settore.
Riscontrato un problema di eccesso di calcare, le possibili
soluzioni sono:
-
usare filtri anticalcare di quelli che si
avvitano al rubinetto (soluzione molto rapida ed economica),
-
usare acqua distillata (esempio classico è
quello dell’acqua piovana, anche se presenta problemi di stoccaggio: occupa
spazio e imputridisce facilmente),
-
usare acqua proveniente da osmosi inversa:
realizzabile a casa se dotati di apposito impianto o acquistabile facilmente
presso centri specializzati in acquariologia,
-
possibile anche usare altri tipi di acqua
deionizzata o distillata, facendo però attenzione ai tipi più comunemente
reperibili: l’acqua usata per le batterie è sì distillata, ma pur sempre ricca
di antiossidanti, anticalcare e anticorrosivi; stesso discorso vale per l’acqua
usata con il ferro da stiro: in genere ricca di profumazioni e anticalcare.
Risolto il
problema temperatura e qualità dell’acqua, passiamo ora alle tecniche
utilizzabili per la bagnatura: molte persone procedono per immersione, altre
usando la doccia, altre ancora passandola semplicemente sotto al rubinetto,
etc…
Dopo varie
prove, abbiamo valutato che il modo più completo ed efficiente per poter
bagnare le orchidee è quello di usare la doccia: bagna uniformemente tutta la
pianta (foglie incluse, togliendo polvere e donandole maggior vigore e turgore)
e non fa fuoriuscire il substrato dal vaso.
20-30 secondi
per la bagnatura possono bastare.
Una volta
bagnate, avendo cura di coprire con il getto d’acqua tutta la superficie del
vaso, per far sì che nessuna radice rimanga asciutta (come saprete, nelle Phalaenopsis
la variazione di colore dal grigio pallido/verde oliva chiaro, al verde intenso
brillante indica che la radice è umida; da non confondere con alghe
eventualmente formatesi a causa della permanenza delle radici sotto luce
diretta e di eccessivo stazionamento dell’acqua sulle radici in caso di
immersioni prolungate: in caso di alghe la radice rimarrà sempre verde e risulterà
più difficile capire quando le radici siano umide o meno).
tipico aspetto delle radici ''asciutte'' |
tipico aspetto delle radici bagnate |
Scegliere il
momento più opportuno per procedere alla bagnatura è fondamentale per garantire
un corretto sviluppo della pianta, evitando l’insorgere di fenomeni di
marcescenza dell’apparato radicale o il disseccamento dello stesso.
Sfatando un mito
comune, fin troppo spesso ripetuto, le orchidee gradiscono l’umido e non l’acqua
costantemente a contatto con le radici e/o il substrato.
Lasciare acqua nei
sottovasi e portavasi in modo che ‘’possano bere da sole’’ non giova in alcun
modo alla pianta e può anzi portare a condizioni di asfissia radicale e all’insorgere
di marciumi.
Qualora, l’ambiente
sia particolarmente secco e si voglia aumentare l’umidità attorno alla pianta
inserendo un sottovaso pieno d’acqua, è buona norma mettere sempre uno strato di
materiale inerte che impedisca al vaso di toccare direttamente l’acqua:
valutando ovviamente che qualora le radici sporgano dal vaso, anche loro non
dovranno venire costantemente a contatto con l’acqua.
Ad ogni modo le
vaporizzazioni (di giorno o comunque quando la pianta abbia modo di evaporare l’acqua
a temperature adeguate), restano pur sempre uno dei migliori modi per innalzare
l’umidità attorno alla pianta senza danni collaterali.
Dare tempi
precisi standardizzati sulla bagnatura risulta impossibile; ognuno dovrà
valutare il momento più opportuno, considerando temperatura, stagione,
eventuale periodo di riposo (assente ovviamente nelle Phalaenopsis) e
condizioni dell’apparato radicale.
Proprio quest’ultimo
punto risulta il più importante, poiché imparando a soppesare il vaso,
osservare i colore delle radici e tastare il substrato per valutarne l’umidità,
si potrà garantire alla pianta una crescita ottimale.
Naturalmente in
estate, i tempi che intercorrono tra una bagnatura e l’altra saranno inferiori,
ma ciò non toglie che se la temperatura resta elevata anche in inverno, con
umidità relativa dell’aria bassa a causa di stufe, termosifoni e così via, le
bagnature andranno comunque praticate regolarmente anche in pieno inverno.
In inverno è
buona cosa aver cura di attendere che tutte le radici risultino bisognose di
acqua: ossia che tutte presentino la tipica tonalità grigio chiara/verde oliva
pallido (come già accennato da non confondere le radici umide con le radici
coperte da alghe: queste ultime rimarranno sempre verdi, anche una volta secche…).
tipica formazione di alghe su radici |
Il momento
migliore per poter procedere alla bagnature è il mattino, in modo che le piante
abbiano tutto il giorno per poter evaporare e sgrondare l’acqua in eccesso.
In inverno
inoltre, o comunque quando le temperature non siano particolarmente elevate (al
di sotto dei 22°C), è sempre buona norma procedere a togliere l’acqua
depositatasi nell’ascella delle foglie con l’ausilio di un pezzettino di carta assorbente,
al fine di evitare una delle più insidiose condizioni che possano presentarsi
nel corso dell’allevamento: il marciume a livello del punto di crescita della
pianta (difficilmente sanabile e quasi sempre mortale).
asciugatura centro |
In estate
invece, specialmente quando le temperature risultino particolarmente elevate
(al di sopra dei 28°C), si potrà essere molto più generosi sia nelle bagnature
che nelle spruzzature, poiché a volte, anche quando le radici presentano ancora
il tipico colore verde brillante, sintomo di umidità elevata, è possibile che
nel giro di poche ore si passi già a condizioni di stress idrico.
Qualora l’allevamento
si svolga a radice nuda, senza quindi l’ausilio di vasi o contenitori in grado
di trattenere l’umidità e apposito substrato, le bagnature dovranno essere
giornaliere nel corso di tutto l’anno, arrivando anche a 3 volte al giorno
quando le temperature saranno elevate.
Altra buona
pratica, al fine di evitare disseccamenti delle radici tra una bagnatura è l’altra
è quella di inserire del muschio fresco (non secco, poiché tende facilmente ad
imputridire stando in condizioni di umido costante) sotto e sopra le radici; ottimale
sarebbe averlo attecchito direttamente sul supporto che si stà utilizzando per
allevarvi l’orchidea: supporto molto adatto a tale scopo (e validissimo anche per
l’attecchimento delle orchidee) è il sughero fresco, che grazie ad un perfetto
mix di porosità, increspature e giusta consistenza riesce a garantire un ottimo
microclima sia ai muschi che alle radici delle orchidee.
Posteremo a breve alcuni articoli relativi l'illuminazione, la preparazione dei substrati e la preparazione di un orchidea da porre su legno...
Come di consueto, ogni intervento e commento atto a condividere le proprie esperienze ed impressioni è sempre il benvenuto.
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