giovedì 12 luglio 2012

Bagnare le orchidee...


In questa guida elencheremo le varie procedure applicabili abitualmente per bagnare le vostre orchidee.
 
Partiamo da quelle orchidee che quasi ognuno di voi avrà avuto almeno una volta in casa: le Phalaenopsis ibride (tanto per essere chiari, quelle orchidee a 5 petali, forma tendenzialmente arrotondata, molto colorate che potete trovare pressoché in ogni negozio di fiori, vivaio, garden center e supermercato, specialmente sotto le feste).

Benchè si tratti di piante espressamente ibridate per offrire fioriture lunghe e spettacolari, crescita rigogliosa e notevole capacità di adattamento, bisogna pur sempre ricordare che alcune regole base garantiranno loro una vita lunga ed una crescita ottimale.

La bagnatura è un aspetto fondamentale della coltivazione, al pari di luce, temperatura e substrato; fare in modo che queste siano sempre ottimali consentirà di avere risultati di coltivazione sicuramente migliori.

Ma iniziamo in pratica a descrivere il procedimento: essendo pur sempre piante da clima tropicale o sub-tropicale non gradiscono temperature basse: sia che si parli della temperatura dell’ambiente circostante, sia che si parla di acqua utilizzata per la annaffiature.
In genere abbiamo sperimentato che le temperatura ottimale oscilla sui 35-38°C; per rendere più agevole il calcolo senza dover munirsi di termometro ogni qualvolta ci si appresti a bagnarle, sarà sufficiente ricordare che la temperatura usata per farsi una bella doccia calda, risulta gradevole anche per la maggior parte delle orchidee.

Secondo punto importante riguarda la composizione chimica dell’acqua utilizzata: notoriamente le orchidee, al pari delle carnivore, non gradiscono acque ricche di minerali, ed in particolar modo risultano facilmente danneggiabili da alti contenuti in calcare, cloro e sostanze chimiche in generale.

Usando acqua presa dal rubinetto, sicuramente problemi di accumulo di sostanze chimiche ‘’tossiche’’ non ne avrete, dato che i controlli sono costanti e precisi.
Il problema permane quindi più che altro per cloro e calcare; nel primo caso è facilmente risolvibile lasciando semplicemente decantare l’acqua: il cloro infatti dopo 10-15 minuti esposto all’aria evapora senza lasciare tracce.

Restiamo quindi con l’ultimo problema: il calcare.

A seconda della zona dove vi troviate, l’acqua avrà naturalmente livelli diversi, passando da valori molto elevati fino a paradossali casi di carenza totale (come nello specifico capita a noi, essendo in una zona di montagna con caratteristiche particolari).

La prima cosa da fare, prima di farsi venire dubbi amletici su come risolvere il problema senza nemmeno sapere se il problema esiste, è quella di procedere ad un test chimico dell’acqua.
Cosa molto semplice ed economica da fare anche a casa, senza doversi rivolgere ad un centro analisi specializzato (cosa che ovviamente, se avete comunque modo di farlo, potrebbe ugualmente risultare interessante): sarà sufficiente acquistare i classici test utilizzabili in acquariologia, reperibili presso ogni negozio specializzato, garden center fornito e/o negozio del settore.

Riscontrato un problema di eccesso di calcare, le possibili soluzioni sono:
-          usare filtri anticalcare di quelli che si avvitano al rubinetto (soluzione molto rapida ed economica),
-          usare acqua distillata (esempio classico è quello dell’acqua piovana, anche se presenta problemi di stoccaggio: occupa spazio e imputridisce facilmente),
-          usare acqua proveniente da osmosi inversa: realizzabile a casa se dotati di apposito impianto o acquistabile facilmente presso centri specializzati in acquariologia,
-          possibile anche usare altri tipi di acqua deionizzata o distillata, facendo però attenzione ai tipi più comunemente reperibili: l’acqua usata per le batterie è sì distillata, ma pur sempre ricca di antiossidanti, anticalcare e anticorrosivi; stesso discorso vale per l’acqua usata con il ferro da stiro: in genere ricca di profumazioni e anticalcare.

Risolto il problema temperatura e qualità dell’acqua, passiamo ora alle tecniche utilizzabili per la bagnatura: molte persone procedono per immersione, altre usando la doccia, altre ancora passandola semplicemente sotto al rubinetto, etc…

Dopo varie prove, abbiamo valutato che il modo più completo ed efficiente per poter bagnare le orchidee è quello di usare la doccia: bagna uniformemente tutta la pianta (foglie incluse, togliendo polvere e donandole maggior vigore e turgore) e non fa fuoriuscire il substrato dal vaso.

20-30 secondi per la bagnatura possono bastare.

Una volta bagnate, avendo cura di coprire con il getto d’acqua tutta la superficie del vaso, per far sì che nessuna radice rimanga asciutta (come saprete, nelle Phalaenopsis la variazione di colore dal grigio pallido/verde oliva chiaro, al verde intenso brillante indica che la radice è umida; da non confondere con alghe eventualmente formatesi a causa della permanenza delle radici sotto luce diretta e di eccessivo stazionamento dell’acqua sulle radici in caso di immersioni prolungate: in caso di alghe la radice rimarrà sempre verde e risulterà più difficile capire quando le radici siano umide o meno).
tipico aspetto delle radici ''asciutte''



tipico aspetto delle radici bagnate















Scegliere il momento più opportuno per procedere alla bagnatura è fondamentale per garantire un corretto sviluppo della pianta, evitando l’insorgere di fenomeni di marcescenza dell’apparato radicale o il disseccamento dello stesso.

Sfatando un mito comune, fin troppo spesso ripetuto, le orchidee gradiscono l’umido e non l’acqua costantemente a contatto con le radici e/o il substrato.
Lasciare acqua nei sottovasi e portavasi in modo che ‘’possano bere da sole’’ non giova in alcun modo alla pianta e può anzi portare a condizioni di asfissia radicale e all’insorgere di marciumi.
Qualora, l’ambiente sia particolarmente secco e si voglia aumentare l’umidità attorno alla pianta inserendo un sottovaso pieno d’acqua, è buona norma mettere sempre uno strato di materiale inerte che impedisca al vaso di toccare direttamente l’acqua: valutando ovviamente che qualora le radici sporgano dal vaso, anche loro non dovranno venire costantemente a contatto con l’acqua.
Ad ogni modo le vaporizzazioni (di giorno o comunque quando la pianta abbia modo di evaporare l’acqua a temperature adeguate), restano pur sempre uno dei migliori modi per innalzare l’umidità attorno alla pianta senza danni collaterali.

Dare tempi precisi standardizzati sulla bagnatura risulta impossibile; ognuno dovrà valutare il momento più opportuno, considerando temperatura, stagione, eventuale periodo di riposo (assente ovviamente nelle Phalaenopsis) e condizioni dell’apparato radicale.
Proprio quest’ultimo punto risulta il più importante, poiché imparando a soppesare il vaso, osservare i colore delle radici e tastare il substrato per valutarne l’umidità, si potrà garantire alla pianta una crescita ottimale.

Naturalmente in estate, i tempi che intercorrono tra una bagnatura e l’altra saranno inferiori, ma ciò non toglie che se la temperatura resta elevata anche in inverno, con umidità relativa dell’aria bassa a causa di stufe, termosifoni e così via, le bagnature andranno comunque praticate regolarmente anche in pieno inverno.

In inverno è buona cosa aver cura di attendere che tutte le radici risultino bisognose di acqua: ossia che tutte presentino la tipica tonalità grigio chiara/verde oliva pallido (come già accennato da non confondere le radici umide con le radici coperte da alghe: queste ultime rimarranno sempre verdi, anche una volta secche…).
tipica formazione di alghe su radici
Il momento migliore per poter procedere alla bagnature è il mattino, in modo che le piante abbiano tutto il giorno per poter evaporare e sgrondare l’acqua in eccesso.
In inverno inoltre, o comunque quando le temperature non siano particolarmente elevate (al di sotto dei 22°C), è sempre buona norma procedere a togliere l’acqua depositatasi nell’ascella delle foglie con l’ausilio di un pezzettino di carta assorbente, al fine di evitare una delle più insidiose condizioni che possano presentarsi nel corso dell’allevamento: il marciume a livello del punto di crescita della pianta (difficilmente sanabile e quasi sempre mortale).
asciugatura centro
In estate invece, specialmente quando le temperature risultino particolarmente elevate (al di sopra dei 28°C), si potrà essere molto più generosi sia nelle bagnature che nelle spruzzature, poiché a volte, anche quando le radici presentano ancora il tipico colore verde brillante, sintomo di umidità elevata, è possibile che nel giro di poche ore si passi già a condizioni di stress idrico.

Qualora l’allevamento si svolga a radice nuda, senza quindi l’ausilio di vasi o contenitori in grado di trattenere l’umidità e apposito substrato, le bagnature dovranno essere giornaliere nel corso di tutto l’anno, arrivando anche a 3 volte al giorno quando le temperature saranno elevate.
Altra buona pratica, al fine di evitare disseccamenti delle radici tra una bagnatura è l’altra è quella di inserire del muschio fresco (non secco, poiché tende facilmente ad imputridire stando in condizioni di umido costante) sotto e sopra le radici; ottimale sarebbe averlo attecchito direttamente sul supporto che si stà utilizzando per allevarvi l’orchidea: supporto molto adatto a tale scopo (e validissimo anche per l’attecchimento delle orchidee) è il sughero fresco, che grazie ad un perfetto mix di porosità, increspature e giusta consistenza riesce a garantire un ottimo microclima sia ai muschi che alle radici delle orchidee.

Posteremo a breve alcuni articoli relativi l'illuminazione, la preparazione dei substrati e la preparazione di un orchidea da porre su legno...

Come di consueto, ogni intervento e commento atto a condividere le proprie esperienze ed impressioni è sempre il benvenuto.


© Regnum Naturae

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