In questo articolo cercheremo di elencare e descrivere le
linee guida su come approcciarsi alla realizzazione di un orchidario.
Innanzitutto, iniziamo col dire che non esiste un unico e
solo modello applicabile a tutto, una Cattleya non è un Habenaria e un
Dendrobium nobile non è una Phalaenopsis ibrida; quindi, così come per le serre
distinguiamo almeno 3 tipologie base differenti (con variabilità da stagione a
stagione e da una tipologia ad un’altra): fredda, intermedia e calda, lo stesso
và fato per gli orchidari:
calda: 20°- 30°C,
intermedia: 14°- 24°C,
fredda: 10°- 18°C.
Partiamo quindi dalla base di tutto, ossia la scelta della
pianta: a seconda della specie che si vorrà aggiungere, bisognerà tenere conto
di luce, umidità, temperatura e possibilità di convivenza con altre specie
eventualmente già inserite.
In base a questa scelta, si valuteranno poi tutti gli
accessori e le relative sistemazioni, quali: impianto di illuminazione,
umidificazione e tipologia di ambientazione.
Detto questo passiamo ad un discorso più pratico: i
materiali.
Fondamento di tutta l’opera è la teca, realizzabile in
svariati materiali (vetro, plexiglass, materiali plastici vari…) e con molteplici
combinazioni tra larghezza-lunghezza-altezza. Inserendo piante con
preponderante crescita in larghezza, quali Cymbidium, Catasetum e così via, si
prediligeranno altezza contenute abbinate a larghezza e lunghezza
considerevoli, mentre per piante caratterizzate da lunghi apparati radicali,
come le Vandacee, si punterà maggiormente sull’altezza.
Per quanto riguarda i vetri/cristalli, il costo dipenderà
essenzialmente (oltre che dalle dimensioni) dallo spessore e dalla tipologia di
taglio (operazione quest’ultima che, specialmente se non si ha dimestichezza
con questo tipo di lavorazioni e non si dispone degli attrezzi adeguati
risulterà indispensabile farla realizzare da un professionista); il trasporto
risulta ovviamente laborioso, a causa del rischio di fratture, righe e
dell’elevato peso qualora si vogliano fare realizzazioni caratterizzate da
dimensioni notevoli.
Il discorso cambia con il plexiglass, ovviamente più
leggero, meno sollecitato durante i trasporti e caratterizzato da un facile
taglio e assemblaggio: non presentando spigoli vivi al momento del taglio, non
necessita di costose levigature e risulta particolarmente facile da incidere e
tagliare sia grazie ad un cutter (qualora lo spessore sia molto limitato:
attorno ai 2mm) che con apposito seghetto elettrico (per spessori maggiori).
La distanza dalla fonte di illuminazione sarà poi cardine
fondamentale di tutta la realizzazione; partendo sopra ogni cosa dal valutare
le possibili fonti di illuminazione naturale presenti nell’ambiente nel quale
andrà inserita la teca una volta ultimata.
La condizione ideale, sarebbe ovviamente quella di una serra
appositamente predisposta, o una veranda attrezzata, ma dato che non tutti
avranno modo di approntare una di queste soluzioni, sarà buona cosa basarsi su
finestre, velux e luci artificiali.
Apriamo una breve parentesi, sulla luce: come ben saprete la
luce percepita dall’occhio umano non è certamente quella della quale andranno
ad usufruire le piante per foto sintetizzare e di conseguenza, basarsi sulla
pura sensazione ‘’a occhio’’ del luogo ottimale per porvi a dimora le piante
risulterebbe controproducente.
Anche qualora non si abbia a disposizione un luxmetro, o
delle informazioni certe sull’intensità della radiazione luminosa riscontrabile
in ogni singolo ambiente, si potrà partire da alcune semplici considerazioni
per arrivare a trovare il luogo più opportuno per la nostra creazione: prima di
tutto và detto che per un’orchidea, l’essere posta ad una distanza superiore a
50-100cm da una finestra di medie dimensioni equivale (fotosintenticamente
parlando) quasi al buio assoluto…
In termini prettamente scientifici, esprimendoci in lux,
necessiteremo di quantitativi differenti a seconda della specie considerata
(oscillando da 10.000 a 50.000 lux circa: con tutte le dovute eccezioni che la
natura è prodiga di generare), ma pur sempre ben lontani dalla reali condizioni
di una zona qualsiasi della nostra casa lontana dalle finestre, prossimi molto
spesso ai 300-2.00 lux.
Conseguentemente, si comprenderà immediatamente la necessità
di porre le piante quantomeno dinanzi ad una finestra luminosa e ben esposta
(quindi non sicuramente a nord); qualora ci si trovi a doverle posizionare il
tutto proprio davanti all’unica finestra disponibile, sulla quale abitualmente
batte il sole diretto (situazione sicuramente non ottimale, per svariate
tipologie di orchidea), sarà sufficiente anteporre una piccola tenda dianzi
alla finestra (non importa di quale materiale o colore, purchè faccia da
filtro: potrete quindi usare dall’organza al cotone, senza ovviamente esagerare
e arrivando a porre un drappo di velluto nero…), in modo da schermare le piante
nelle ore più calde e con l’irraggiamento più intenso.
Continuiamo, occupandoci del discorso luce artificiale; a
questo punto, saremo arrivati a dover scegliere quale tipologie di illuminazione
si renderà necessaria, per sopperire alla mancanza di luce naturale, o
semplicemente per supportarla ed integrarla.
Pur non scendendo nel dettaglio, dato che tutto dipenderà
sempre e sopra ogni cosa dalla specie che si deciderà scegliere, si può iniziare
a fare alcune valutazioni di base.
Molteplici sono le soluzioni possibili e internet è
oltremodo pieno di ogni qualsivoglia consiglio, sperimentazione e soluzione
commerciale immaginabile; iniziamo quindi col dire che l’argomento in sé è
ancora ampliamente discusso e molteplici sono ancora le sperimentazioni in
corso per ottenere un’illuminazione che si avvicini quanto più possibile alla
luce naturale fornita dal sole.
Ma partendo da ciò che ormai è appurato (o quantomeno
universalmente utilizzato e testato), possiamo elencare le principali tipologie
di illuminazione attualmente reperibili: luci ‘’neon’’, lampade a led, lampade
alogene, phyto-lampade, tanto per citare le principali.
Fermo restando che a seconda della pianta,
dell’illuminazione naturale presente nell’ambiente, i risultati riscontrabili
da persona a persona potranno essere contrastanti, noi personalmente abbiamo
trovato gran beneficio dall’utilizzo di appositi led a luce blu-rossa, abbinati
a lampade ‘’neon’’ a spettro completo (o quanto più possibile tale…).
Poiché lo scopo è quello di avvicinarsi quanto più possibile
a simulare un piccolo sole al di sopra degli esemplari allevati, temperature di
colore (espresse in Kelvin) vicine a 5.000-6.000 kelvin possono considerarsi
ottimali, così come l’utilizzo rispettivamente di tri- o penta-fosfori,
parlando di lampade ‘’neon’’.
Non lasciatevi fuorviare da bei disegni e accattivanti
descrizioni presenti sulle confezioni delle lampade, ma ponete attenzione solo
ed esclusivamente alle caratteristiche tecniche, con un occhio alla qualità ed
uno al portafoglio (fermo restando che lo scopo ultimo è sempre e solo quello
di far star bene le piante).
I prezzi sono variabili e a seconda del produttore,
rivenditore e tipologie, avrete modo di trovare articoli in quasi ogni
possibile fascia di prezzo: come sempre attenzione ai prezzi troppo bassi e al
tempo stesso non credete all’ormai proverbiale modo di dire: ‘’se costa così
caro allora significa che vale’’. Come spesso accade la virtù è nel mezzo e
bisogna sempre arrivare ad un giusto compromesso tra i vari fattori: in questo
caso l’informazione paga davvero e sotto ogni possibile punto di vista.
Concludendo questa lunghissima dissertazione
sull’illuminazione, possiamo passare oltre, arrivando a valutare il discorso
umidità.
Secondo e altrettanto fondamentale aspetto della
coltivazione, l’umidità, in tutte le sue forme, fa la differenza tra
l’allevamento di una cactus e quello di un’orchidea.
Le tipologie fondamentali di allevamento sono 2: in vaso e a
radice nuda; quest’ultima è poi ulteriormente suddivisibile in sistemi a
‘’zattera’’ o su apposito substrato (legni appositi o materiali inerti
specifici).
A seconda della tipologia scelta e della specie, notevoli
saranno le variazioni e le modalità di allestimento e manutenzione: nel caso
del vaso, l’impianto di umidificazione risulterà pressoché inutile, divenendo
solo un spesa morta bisognosa di cure e manutenzioni.
Nel caso dell’allevamento a radice nuda invece,
l’umidificazione risulta ovviamente indispensabile, anche se con le dovute
differenziazioni a seconda dei casi; un impianto di umidificazione necessita
pur sempre di costi iniziali per l’allestimento (sono oltretutto nella maggior
parte dei casi, sistemi artigianali o semi-artigianali che necessitano di
assemblaggio adeguato), manutenzione e controlli abituali. Molteplici saranno
infatti le possibilità che l’acqua della bagnature porti all’intasamento degli
ugelli atomizzatori, con conseguente necessita di accurate pulizie periodiche.
Inoltre, come tutti gli impianti, garantiscono sì una
standardizzazione delle operazioni ed una automatizzazione delle stesse, ma
dovendo per l’appunto essere controllati quotidianamente per verificarne il
corretto funzionamento, i tempi da dedicare alle suddette operazioni
arriveranno a coprire (e a superare) il tempo che impieghereste a procedere
manualmente alle vaporizzazioni.
Senza contare che procedendo di persona a vaporizzare le
piante, avrete modo di eseguire un’operazione assolutamente fondamentale per la
cura di qualsivoglia tipologia di pianta (e ancora di più, parlando di
orchidee), ossia OSSERVARE LA PIANTA, controllandone lo stato di salute e
l’effettivo grado di umidità delle radici, scongiurando in questo modo i rischi
legati alla formazione di marciumi, muffe, parassitosi e via discorrendo.
Qualora poi la teca abbia tenuta
stagna (realizzabile semplicemente avendo cura di sigillare bene con silicone o
apposita colla) le varie fughe (stesso procedimento fatto per gli acquari),
sarà possibile lasciare una spanna di acqua (o anche solo 5-10cm) sul fondo
(avendo cura di cambiarla periodicamente e lavare la vasca, in modo che non si
formino alghe, incrostazioni e parassiti) per innalzare naturalmente il grado
di umidità all’interno della vasca (questo semplice accorgimento, abbinato al
coperchio appoggiato sulla vasca, garantirà almeno un 55-60% di umidità).
In inverno poi, ponendo un
termostato nell’acqua (quelli utilizzabili per acquari e tartarughiere) sarà
anche possibile innalzare la temperatura della teca stessa, garantendo umidità
costante e diffusa tutto il giorno.
Infine il coperchio della teca,
si renderà o meno indispensabile a seconda del tenore di umidità che si voglia
ottenere nell’orchidario. Tenerlo comunque costantemente chiuso (a meno che non
si siano predisposte apposite aperture atte a far circolare l’aria: con o senza
sistema di ventilazione) non è ottimale poiché l’aria diventerà facilmente
‘’viziata’’ ed eccessivamente umida; l’ideale sarebbe avere porticine
scorrevoli dai lati, aperture apposite disposte in modo appropriato o lasciare
il coperchio leggermente sollevato o aperto nel corso della giornata
In alternativa, qualora la teca
non sia ermetica o non abbia lo spazio necessario ad attuare una tale soluzione
sarà possibile inserire delle vaschette riempite d’acqua a intervalli regolari
(a seconda della lunghezza della teca stessa), all’interno dell’orchidario.
Ritornando a parlare del sistema
di ventilazione, qualora si abbia la necessità di movimentare l’aria in modo
continuo e costante o si sia preventivato comunque di allestirlo, in linea di
base ci si orienta sempre verso un adattamento artigianale di ventole da
computer opportunamente collegate alla rete elettrica o piccoli ventilatori
orientabili ancorati alle pareti della teca stessa.
Concludo, raccomandando prima di
acquistare una qualsivoglia specie di orchidea o decidere di iniziare ad
allestire un orchidario, di valutare senza fretta tutte le caratteristiche, al
fine di poter sempre scegliere la soluzione che meglio si adatti ai nostri
bisogni ed esigenze e ci garantisca di far crescere le nostre nuove piante nel
migliore dei modi.
Poichè l'argomento è troppo ampio ed articolato per poter essere esaurientemente descritto in sole poche pagine, la guida sarà presto integrata con altri articoli specifici, nonchè con reportage fotografici inerenti tutte le
componenti dei sistemi sopra descritti.
Sperando che questa piccola e
semplice guida possa esservi d’aiuto nel corso delle prime fasi di valutazione
in vista dell’allestimento di un orchidario, vi invito a sentirvi liberi di
commentare le informazioni contenute, condividerle, ed inviarci commenti,
esperienze e segnalazioni.
© Regnum Naturae
Bell articolo e molto utile.
RispondiEliminaIo ho realizzato un piccolo orchidario con dei vetri e specchi che avevo a casa.
È h 50*30*20 di base,ho fatto due aperture di 3 cm *3 una in basso su un lato ed una in alto sul coperchio per creare effetto camino.
Sul fondo 2 cm di ghiaia,del carbone per prevenire muffe e soora del muschio in piu una vaschetta con riscaldatore per l umiditá e una ventolina da pc che parte per 15 minuti ogni 2 ore.
L umiditá va dal 80 al 95% , le orchi slinserite sono due mini phal su zattera.
Che dite: l umiditá è troppo alta?